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La forza dell’immaginazione- Esposizione di Sergio Pedrocchi nella biblioteca di Albino

Sergio Pedrocchi, artista eclettico ha costruito il suo essere artista attraverso percorsi che vanno da esperienze artistiche , emotive , spirituali e di profonda ricerca dell’essenze dell’uomo.

L’artista Simona Brena cosi lo descrive all’inaugurazione della sua mostra

Sergio Pedrocchi è un artista bergamasco di nascita che ha esposto sia in Italia, da Palermo a Trento, sia all’estero tra cui Germania e Olanda.

Ho conosciuto Sergio ormai 8 anni fa, quando ho avuto l’occasione di seguire un suo corso d’arte per due anni.

Ma chi è Sergio?

La prima cosa che si nota di Sergio è la sua presenza. Non è certamente una persona a cui si resta indifferenti, è come se lo si sentisse vibrare.

Si nota come, in un dialogo artistico riesca sempre a portare argomentazioni mai nozionistiche o teoriche, ma di vita reale. E le presenta così, come da lui stesso sono state vissute, in maniera genuina, a volte cruda, che piaccia o meno ascoltarle.

La vita di Sergio infatti è una vita dedita all’arte, vissuta in prima persona. Da Bergamo, parte a trent’anni per Salvador de Bahia, in Brasile. Si iscrive alla Scuola di arti plastiche e di questo periodo lo stesso Sergio dice: “ho capito subito che ero come un albero sbattuto su una spiaggia brasiliana. La magia della città mi ha sostenuto e ho iniziato un percorso personale, intimo, che dava significato al mio girovagare”.

Il Brasile Sergio Pedrocchi se lo porta dietro per tutta la vita, che per lui è un eterno viaggio.

Tornato in Italia frequenta l’Accademia Carrara ed in seguito si dedica non solo alla pittura ma anche all’incisione e alla stampa.

Le opere di Sergio Pedrocchi sono pregne del suo punto di vista, per nulla scontato, sono frutto di un’esperienza personale su sentieri sicuramente originali ed atipici.

Segni violenti accolti dalla morbidezza della fibra della carta, le stampe sono un’esplosione di energia, un’irruenza calda di chi coglie aspetti non rappresentativi ma intimi dell’animo umano e li assorbe e li vive con estrema enfasi.

I dipinti esprimono allo stesso modo la sua forza, sia per via di quella gestualità tipica di Sergio, sia attraverso l’uso del colore, e di ciò che rappresenta.

Proprio per questa ondata di energia che travolge lo spettatore di fronte alle opere di Sergio Pedrocchi, c’è un aspetto che non è così immediato da notare, ma che resta nell’intimo in maniera quasi inconscia e naturale.

Le opere di Sergio sono infatti ricche di un’eleganza pura, non quell’imbellettare di inutili fronzoli posti per il consenso della massa, da queste opere permea invece un’eleganza data dall’equilibrio. Equilibrio tra nero e bianco, entrambe parti fortissime di un’opera, equilibrio tra i pieni e i vuoti, equilibrio tra spigolosità e morbidezze. E questo io lo vedo anche in Sergio. La sua ricerca artistica e di vita, le esperienze vissute in giro per il mondo alla ricerca di qualcosa che non sia richiudibile in una scatola etichettata, le persone conosciute che si porta dentro, lo rendono vitale e sensibile. Elegante.

Nell’osservare le opere di Sergio Pedrocchi lo spettatore è chiamato ad un momento di intimo incontro con l’artista, che mette a nudo le proprie emozioni su tela o su carta, attraverso collage, stampe, dipinti, e parole.

Emozioni di vita vissuta tra buio e luce, in una ricerca di conoscenza di se stesso tra materiale e spirituale.”

Charlotte Strobele, una delle fondatrici di Arte Sella, artista ed intellettuale dice di lui :

“Viaggia volentieri. Nel mondo, nel tempo, tra l’arte e la vita.
E’ un viaggiatore, questo Sergio Pedrocchi. E ogni mostra dei suoi lavori è un diario di viaggio.
Pedrocchi si cimenta in molti settori dell’arte, padroneggia il suo mestiere con le tecniche più diverse: disegnare per lui è un piacere, la grafica e la stampa sono il suo terreno di lavoro preferito.
Sa che l’immaginazione è più forte della rappresentazione. Oggi.
La lingua di Sergio Pedrocchi è semplice e occulta allo stesso tempo.
Conosce antichi simboli e li usa, ne inventa di nuovi, inserisce a volte in tutto ciò annotazioni verbali.
Come viaggiatore solitario rifugge alle catalogazioni stilistiche, cerca nella sua opera il proprio codice personale per poter decifrare il nostro mondo
.”

Federico Bianchi

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