OpenArte: un evento per condividersi
OpenArte un nome decisamente appropriato per un evento che vuol essere apertura verso l’arte, stimolo ad esprimersi attraverso strumenti artistici. Desiderio di condividersi in un contesto artistico, semplice, spontaneo genuino.
Arte povera? se vogliamo chiamarla così va bene. Ma che c’è di “povero” quando un artista, grande e non grande che sia, ha il coraggio di mettere se stesso in mostra attraverso una sua opera?
Personalmente credo che l’arte povera è l’ arte di chi vede in essa solo uno strumentò economico, spogliandola da ogni forma espressiva che comunichi se stesso allo spettatore.
OpenArte vuol essere questo in primo luogo, comunicazione, condivisione ed in questo è riuscita perfettamente.
Un grande ringraziamento va a tutti coloro che hanno ideato, organizzato ed in qualche modo partecipato alla sua realizzazione
Alessandra Piacentini, co-organizzatrice dell’evento, ne parla così :
Una delle prime persone che è arrivata oggi, si è associata e mi ha chiesto se poteva sedersi ad un tavolo per compilare il modulo. Senza pensarci le ho detto “faccia come se fosse a casa sua”; poi mi sono guardata attorno.
Ho visto Paolino, con 4 curiosi e un cavalletto, che passa la mano sul pezzo di legno quasi a prenderne coraggio e poi si lancia in un monologo appassionato.
Ho visto Dieguz che si districa tra la folla e l’impietoso sole del pomeriggio, salutando con quella sua apparenza languida i presenti, mentre con meticolosità pesa l’umore della stanza.
Ho visto la Angy, che ha trovato le matite, ha trovato la carta vetrata; e non sarebbe morto nessuno a non averle, però ci si sente meno soli. Ho visto la Simo, di una calma assoluta, il baricentro sorridente di un chaos di persone, carte e cavi; a ricordarmi che tanto “tutto benissimo” è una gran rottura di palle.
Poi ho visto la Lu e la Eli, diametralmente opposte, ma indissolubili nel loro elemento,
la pittura, che contagia senza parlare chi le guarda, con una potenza della quale non hanno neanche idea.
Ho visto Fede che scorre come in un film già scritto, ma in realtà improvvisato. Incastrando i pezzi di un puzzle che solo lui vede e che mi toglie ogni senso di incertezza nel futuro.
E ho visto Elio che sgattaiola tra la folla all’ingresso, come se non avessimo capito quanto ci tiene… a noi, all’arte; che poi è la stessa cosa.
Allora mi sono corretta e ho detto alla signora “sai cosa ti dico, non hai bisogno di fare come se fossi casa tua; questa è già casa tua”