fbpx

Occupy White Walls: la galleria d’arte digitale nell’era dei lockdown

Occupy White Walls Gallery

Il 2020 è l’anno dei cambiamenti, la pandemia ha stravolto il nostro modo di vivere, sta compromettendo l’economia e ha messo in ginocchio tanti settori, in particolar modo ne stanno soffrrendo il mondo culturale e artistico. Ci si sposta poco, non ci sono fiere, concerti o grandi esposizioni, non si organizzano mostre. Tutto è fermo, rimandato.

In questa attesa, pesante, del rientro dell’emergenza sanitaria, nascono però delle nuove realtà, per reazione, che sfruttano il mondo digitale per affermarsi oltre il distanziamento sociale.

Oggi voglio parlarvi del fenomeno Occupy White Walls o OWW in breve, una piattaforma che ha il potenziale per aprire la strada ad un nuovo modo di condividere l’arte.

Che cos’è Occupy White Walls?

OWW è un videogioco in via sperimentale rivolto agli amanti dell’arte.
Lo scopo è semplice: costruire la propria galleria d’arte digitale.

Il gioco è gratuito, lo si scarica dalla piattaforma steam, si parte da zero con uno spazio vuoto con due muri e si possono costruire un’infinità di sale, più o meno realistiche, e riempirle con le opere che si preferiscono. E’ possibile visitare altre gallerie, parlare con altri giocatori di arte, scambiarsi nomi di opere, far conoscere artisti ecc…

Acquistare arte per la propria galleria non ha costi reali per il giocatore, solo monete fittizie che si acquisiscono autonomamente durante il gioco, man mano che la galleria viene visitata. Nell’archivio di OWW, chiamato kultura, sono presenti migliaia di opere di diversi musei internazionali che hanno reso il loro catalogo digitale “open source”, ovvero utilizzabile gratuitamente, e da pochi giorni è possibile anche per artisti contemporanei creare un profilo su https://kultura.oww.io/ e caricare le proprie opere, che poi compaiono sul sito (molto importante in questo far west digitale: gli autori delle opere ne mantengono pieno copyright).

Alcuni puristi diranno che guardare un dipinto ad olio in digitale non ha molto senso, e mi trovo abbastanza d’accordo; tuttavia se lo scopo è farsi conoscere, e l’alternativa è non venire esposti, il compromesso potrebbe risultare più digeribile

Kultura page profile

Caricare una propria opera ha un costo di 9 dollari una tantum per l’artista, si possono chiaramente caricare anche opere non digitali, naturalmente la resa non sarà la stessa su tutti gli schermi e dipende anche molto dal tipo di tecnologia di cui si dispone per la scansione delle opere.
Alcuni puristi diranno che guardare un dipinto ad olio in digitale non ha molto senso, e mi trovo abbastanza d’accordo; tuttavia se lo scopo è farsi conoscere, e l’alternativa è non venire esposti, il compromesso potrebbe risultare più digeribile; quanto al contributo economico, come indicato molto apertamente anche sul sito, questo è motivato dai costi, non esattamente bassi, dello spazio server che ospita il gioco e soprattutto dei costi di mantenimento dell’Intelligenza Artificiale, Daisy, che è al centro della meccanica di gioco.

Un’Intelligenza Artificiale al servizio del gusto estetico

Gli aspetti più interessanti di questo videogioco sono a mio avviso due:

  • la possibilità per i giocatori di costruire un proprio spazio espositivo, interagendo con le proprie opere preferite e creando loro stessi dei mondi virtuali, proiettati in uno spazio virtuale, ma tridimensionale, che sono estensione in qualche modo delle opere che li ispirano, ed influenzandosi a vicenda in questo processo creativo;
  • l’assenza di un catalogo indicizzato delle opere all’interno del gioco e la presenza di un’intelligenza artificiale che, come un Virgilio artistico, ti guida attraverso lo sterminato archivio suggerendoti una manciata di opere per volta – con la possibilità di chiederne sempre di nuove – e impara dai tuoi gusti, facendoti scoprire nuove opere e nuovi artisti.

In una realtà globale dove l’informazione è sterminata e dove si rischia spesso di perdersi tra cose che ci interessano poco, rimanendo in balia dei gusti degli influencer e delle mode, questo spiraglio di tecnologia, per una volta a servizio dell’utente e non della macchina pubblicitaria, sembra un gradito piccolo passo avanti nel mondo della divulgazione artisitca e delle pari opportunità.

Occupy White Walls art page

Perchè OWW è rilevante?

A parte il piacere ludico di realizzare e condividere la propria collezione, Occupy White Walls presenta delle potenzialità che potrebbero portare a una rivoluzione nella maniera in cui condividiamo l’Arte in futuro.

Quella visibilità che nel mondo reale è ora appannaggio di pochi artisti promossi da gallerie, potrebbe spostarsi invece in mano alla comunità, con costi decisamente più contenuti e un mercato dinamico, meno elitario, dove la scoperta delle novità viene resa più equa, dalla presenza di algoritmi costruiti sulla persona e dove i protagonisti del dialogo sono molto più numerosi.

Mi aspetto naturalmente che il futuro veda nascere comunque gallerie virtuali di “firma” (gli sviluppatori hanno già annunciato la possibilità in futuro, per terze parti, di fare da mecenati per alcuni artisti, sostenendo i costi di pubblicazione delle opere) ma queste – se le premesse rimarranno le stesse – sarebbero comunque soggette ad un metro di misura più democratico, dove un algoritmo pesa i contenuti in base al gusto dell’individuo e non solo alla credibilità o fama di chi propone l’opera.

Digitale significa impersonale?

Non possiamo naturalmente esimerci anche dal vedere le potenziali ripercussioni negative di questo tipo di interazione tra artista e pubblico. L’arte è per molti fortemente legata al contesto e questo tipo di strumenti hanno il vantaggio e lo svantaggio di creare comunità enormi di utenti e artisti che non condividono nulla al di fuori della rete. Questo può sicuramente influenzare la fruizione dell’opera, che già non è più imprescindibile dalla manipolazione che ne farà i pubblico, e che potrebbe finire per venire completamente decontestualizzata.

Come la storia dell’arte spesso ci dimostra, tuttavia, le rivoluzioni non possono certamente mettere la parola fine all’Arte, ma solo dare il via a nuove diramazioni e forme di essa. Se l’artista è consapevole della realtà digitale, vi si può adattare ed esprimersi sfruttandone i paradgmi acquisiti.

Cosa ne concludiamo

Certamente le premesse sulle quali questo videogioco è corstuito sono molto accattivanti, gli sviluppatori la definiscono una piattaforma creativa che funziona più livelli, e anche la sponsorizzazione dello stesso merita un certo plauso con uno spot autoironico che vanta la meravigliosa interpretazione di Steven Berkoff – che qualcuno ricorderà per la sua interpretazione del Generale Orlov in 007 Octopussy e altri iconici cattivi del cinema – il quale si cimenta in una magistrale performance, reminiscente delle poesie della Beat generation americana anni ’70 e che alleghiamo per i più anglofili di voi.

In definitiva la proposizione è interessante e dà molto peso all’interazione tra gli utenti come filo conduttore del gioco; la pesantezza lo rende al momento non ancora ben fruibile per tutti gli utenti, ma credo che anche in visione del periodo, ci sarà molta attenzione su questo tipo di attività digitali in futuro, che prenderanno progressivamente sempre più piede, correndo magari in parallelo anche ai grandi eventi dal vivo, come mostre e fiere artistiche. Ai posteri l’ardua sentenza.

Ti interessa l’arte e vuoi parlarne? Unisciti al nostro gruppo Facebook Parlando di Arte sul Serio, condividiamo articoli, news, opere e approfondimenti di arte classica, moderna e conemporanea.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi