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L’avvento dell’Elettricità nell’Arte

Durante la Belle Époque, Parigi rappresentava di fatto il cuore culturale dell’Europa ed era tappa obbligata per molti artisti.

Già dalla metà del XVII secolo, Parigi vantava la presenza di un”illuminazione stradale, grazie all’ordine di Luigi XIV di installare lanterne sulle strade principali per ridurre il tasso di criminalità durante la notte. Questo valse a Parigi il soprannome di “Città delle luci”.

Alla fine del XIX secolo, le candele vennero però sostituite dalla lampadina elettrica:
nel 1870, a Parigi si contavano 20.766 lampioni, posti tra gli alberi dei viali o appollaiati accanto a panchine.

Nel 1877, quando Gustave Caillebotte dipingeva Paris Street: Rainy Day, i lampioni erano già diventati un elemento distintivo del paesaggio parigino, anche quando non servivano allo scopo pratico di illuminare la scena.

Le opere d’avanguardia di quel periodo mostrano chiaramente sia la gioia di vivere, sia l’ansia derivante da questa modernizzazione del paesaggio urbano.

Un effetto collaterale dell’onnipresente illuminazione a gas in tutta la città fu l’espansione dell’attività sociale ed economica durante la notte. I cabaret proliferavano nel 1880, catturando l’immaginazione di molti artisti come Édouard Manet, Edgar Degas, Henri de Toulouse-Lautrec e Pablo Picasso.

In “At the Moulin Rouge” di Toulouse-Lautrec, vediamo per esempio, come la tela è dominata sulla destra dal volto tagliato di una ballerina, May Milton. Nel forte bagliore delle luci artificiali, il viso di Milton ha una profonda e scolorita tonalità di verde, che ne amplifica la drammaticità, donandole un aspetto grottesco.

Henri de Toulouse-Lautrec – At the Moulin Rouge (immagine da Wikimedia Commons)

Anche in “Au Café-concerto: La Chanson du chien” di Edgar Degas possiamo vedere come l’intensità dell’illuminazione elettrica del Café des Ambassadeurs proietti sul corpo della cantante, Emma Valadon, ombre e tonalità estreme, accentuando l’attenzione sulla gestualità della donna, anch’essa molto diretta nella sua cruda rappresentazione di un cane.

Edgar Degas – Au Café-concert : La Chanson du chien (immagine da Wikimedia Commons)

In entrambi i quadri, un elemento importante sono le diverse fonti luminose che domninano la scena di contorno; come a significare che tutto il contesto è vivo, rumoroso, brulicante di attività. Un’attività che significa convivialità, ma anche in un certo senso abbandono dello spazio privato, in favore di un luogo pubblico fatto di eccessi, e che a lungo andare può creare inquadrature distorte e surreali: angoli di solitudine nel centro del caos.

Con l’avvento dell’elettricità, possiamo dire che la profondità e la trama della scena cambiano; la contemplazione e il raccoglimento dei paesaggi al chiaro di luna e a lume di candela lasciano spazio alla frenesia e alla mondanità quasi opprimente della vita notturna moderna.

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